La questione fondamentale dell’Antico Testamento è data da questa domanda: quell’insieme di antichi testi parla veramente di Dio? Parla veramente del Dio spirituale, eterno, trascendente, onnipotente, onnisciente che la teologia ci descrive – e al quale ci chiede di credere – come se fosse una certezza assodata e documentata in quelle pagine?
I lettori attenti del cosiddetto Testo Sacro e gli studiosi liberi dai condizionamenti dogmatici sanno che la risposta è tutt’altro che univoca e che quel testo pone delle domande e dei dubbi che sono ineludibili.
In questo mare di dubbi, in qualità di traduttore di ebraico biblico, affermo con certezza che l’Antico Testamento parla degli Elohim e, in particolare, delle vicende in cui è coinvolto uno di loro, il cui nome è Yahweh.
Devo precisare che la lingua ebraica biblica non ha un termine che significhi Dio nel senso comunemente inteso e non ha quel termine perché non esisteva neppure il concetto sottostante.
Innanzitutto bisogna sapere che Elohim è un termine indiscutibilmente plurale e indica una schiera di individui a cui appartiene il protagonista della Bibbia, Yahweh: colui che le dottrine spiritualiste hanno impropriamente trasformato in “Dio”.
Ma chi erano questi Elohim?
Per potere comprendere l’insieme delle vicende narrate in quei testi provo a riassumere, nello spazio necessariamente breve degli articoli di una rivista, le caratteristiche fondamentali di questi personaggi.
Preciso che nessuno sa con certezza cosa volesse dire il termine Elohim che le correnti del pensiero religioso dogmatico traducono con la parola Dio. Quel vocabolo plurale viene tradotto in tutti i modi possibili proprio a causa della reale mancanza di conoscenza che lo circonda: i potenti, quelli dell’alto, i luminosi, i giudici, i legislatori… ma nessuno di questi termini, usato singolarmente, è in grado di definire con precisione questa parola.
Ancora in qualità di traduttore ufficiale dell’ebraico posso dire subito che gli Elohim biblici non erano Dio e tanto meno un essere unico, ma una pluralità di individui materiali, in carne e ossa; una molteplicità chiaramente e inequivocabilmente evidenziata in numerosissimi passi nell’Antico Testamento (Esodo 3,12 e segg.; Esodo 15,5 e segg.; Esodo 18,11 e segg.; Deuteronomio 6,14 e segg.; Deuteronomio 13,7 e segg.; Deuteronomio 32,17 e segg.; Geremia 7,18).
Gli Elohim rappresentavano una gerarchia militare che – su disposizioni del loro comandante che la Bibbia chiama Elyon (Deuteronomio 32, “quello che sta sopra, quello che comanda”) – ha suddiviso il pianeta in sfere di influenza, in governatorati in cui i popoli sono stati assegnati a Elohim singoli che la Bibbia chiama inequivocabilmente con il loro nome: Yahweh, Milkom, Kamosh, Dagon, Qosh….
Questa organizzazione di militari/scienziati/colonizzatori disponeva addirittura di accampamenti nelle zone di confine che presidiavano con le loro schiere (Genesi 32,1 e segg.) e combattevano tra di loro per il controllo dei territori (si vedano i libri di Giosuè, dei Giudici…).
Godevano di una vita molto lunga, molto più lunga di quella degli uomini, ma erano indubitabilmente mortali (Salmo 82), non erano eterni. Va detto che il termine “eternità” non esiste neppure nell’ebraico biblico. Il termine “olam” che viene tradotto con “eterno”, in realtà indica un “tempo di cui non si conosce la durata” per cui la vita di ciascuno di noi può essere definita con questa parola, infatti ogni nostra vita ha una durata “le-olam”, cioè dura “per un tempo che non conosciamo”.
Come molto ben descritto nei testi di Erich von Däniken, erano sul nostro pianeta per conseguire obiettivi molteplici e molto concreti: ricavarne materiali necessari al loro sviluppo tecnologico e forse anche alla sopravvivenza della loro civiltà nel pianeta di origine, intervenire nel processo evolutivo delle specie viventi (l’uomo in particolare) e controllarne periodicamente lo sviluppo. Forse questo è anche il motivo per il quale alcuni non se ne sono andati e comunque, nel passato, hanno sempre promesso che sarebbero ritornati.
Viaggiavano su macchine volanti definite nella Bibbia ruach, kavod, merkavah, keruvim, alle quali sono state dedicate attente e particolareggiate analisi in numerosi capitoli dei libri di von Däniken e nei lavori dell’autore del presente articolo.
Disponevano di armi di distruzione spaventose, come quelle utilizzate nella distruzione di Sodoma e Gomorra, due città che stavano passando da una alleanza militare ad un’altra e quindi non ubbidivano più agli ordini di Yahweh (Deuteronomio 29, 23-25).
Nella Bibbia gli Elohim non sono mai considerati “dèi”: in origine erano oggetto di timoroso rispetto e sottomissione a causa del loro grande potere, garantito dalla tecnologia di cui disponevano e che incuteva terrore. Alcuni di loro erano temuti anche per la loro crudeltà, una caratteristica di cui l’Antico Testamento costituisce una testimonianza inequivocabile: Yahweh, definito Ish milchama, “Il Guerriero” (Esodo 15,3), non si faceva scrupolo di ordinare stermini veri e propri di persone inermi (si legga a questo proposito anche solo il libro di Giosuè).
Ma, per fortuna, nei racconti dei popoli di tutti i continenti (dall’India alla Grecia, dalla Cina alle Americhe…) veniamo a sapere che tra di loro c’era anche chi si occupava di arte, scrittura, musica, architettura, agricoltura, allevamento, amministrazione. Sono inoltre gli stessi racconti che ci narrano, nella sostanza, le vicende che coinvolgono i figli delle stelle conosciuti nelle storie di tutti i continenti del pianeta.
Gli Elohim biblici non si occupavano di temi quali la religione nel senso moderno del termine: il cosiddetto Dio biblico non ha mai preso in considerazione l’idea dell’aldilà; tutte le promesse e minacce che rivolgeva al suo popolo si riferivano sempre ed esclusivamente a questa vita. Precisiamo che l’Antico Testamento scrive con una chiarezza non equivocabile che Yahweh si occupava esclusivamente della famiglia di Giacobbe e dei suoi discendenti (gli Israeliti) mentre l’umanità non faceva parte della sua sfera di interessi anche perché non gli era stata assegnata dal comandante Elyon (Deuteronomio 32).
Gli Elohim avevano come obiettivo fondamentale la definizione di strutture di potere distribuite nei vari territori sui quali poi si sono sviluppate le diverse civiltà e, a questo scopo, si spostavano alla ricerca di terre e di genti da cui farsi servire (Deuteronomio 32,17 e segg.).
Induisti, Greci, Cinesi, Maya… ci raccontano quelle stesse vicende e anche Platone ricorda nei suoi Dialoghi la divisione dei popoli fatta tra i vari cosiddetti dèi.
Conoscevano le leggi della natura, del cosmo e le trasmettevano soltanto ai loro fedeli seguaci, dando così avvio alle caste dei re/governatori/sacerdoti, i cosiddetti “iniziati” alla conoscenza. Questo sapere era però squisitamente scientifico, concreto, tecnologico, medico, materiale, ossia utile alla quotidianità dei loro governati o alle loro specifiche esigenze di viaggiatori dello spazio e colonizzatori.
Gli Elohim erano al contempo legislatori (dettavano regole e norme in piena autonomia decisionale); erano governanti, ministri che curavano i molteplici aspetti del potere (facevano applicare le leggi direttamente o attraverso loro delegati, come i biblici Mosè, Jetro, suo suocero, Aronne, Giosuè, Davide, Salomone ecc.); erano giudici (verificavano il rispetto delle leggi, comminavano ed esegui-vano, o facevano eseguire, pene e punizioni).
Erano nettamente distinti dagli Adam e la distinzione netta e chiara è documentata, tra i tanti, da elementi come i seguenti:
1
Gli Elohim “fecero” gli Adam (Genesi 1) attraverso interventi di ingegneria genetica finalizzati a produrre esseri capaci di capire ed eseguire ordini e lavorare, per loro, nella ricerca e scavo di minerali di cui il pianeta Terra è ricco e nella conduzione dei loro laboratori (Gan-Eden: sempre erroneamente tradotto come Paradiso terrestre ma che significa “territorio recintato e protetto posto in Eden”) in cui effettuavano esperimenti e studi per la produzione di cibo sia vegetale che animale (Genesi 2).
A proposito del verbo che abbiamo qui usato, “fecero”, bisogna ricordare che nell’ebraico biblico non esiste il verbo che indica il “creare” inteso come creare dal nulla: “bara” significa semplicemente intervenire in una situazione già presente per modificarla ed è proprio ciò che fecero con l’ingegneria genetica e la clonazione, come è chiaramente descritto nelle modalità con cui produssero Eva: anestesia, prelievo di cellule, sutura della ferita chirurgica sul lato (non costola) del corpo di Adamo e generazione di Eva, la femmina adatta a lui (Genesi 2).
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Gli Elohim “si unirono” con le femmine Adam (Genesi 6) allo scopo di avere una progenie che poi scatenò le ire dei comandanti che si videro costretti ad eliminarla. I rapporti sessuali erano possibili proprio perché gli adamiti erano stati “fatti” utilizzando DNA degli Elohim che nella Bibbia è indicato con il termine “tzelem” (elemento materiale che contiene l’immagine e che può essere prelevato dal corpo: come dicono i dizionari di ebraico biblico).
La teologia da secoli ci dice che Yahweh è il Dio padre onnipotente, creatore dei cieli e della terra, ma questa affermazione è in totale contrasto con quanto scritto nell’Antico Testamento.
Il presunto Dio della Bibbia.
Yahweh, lungi dall’essere il “Dio” unico e trascendente, era semplicemente uno degli Elohim: quello a cui, come già accennato sopra, era stato affidato il compito di governare su un territorio definito e su una porzione di una famiglia, quella di Giacobbe (Deuteronomio 32,8), mentre altre parti della stessa famiglia abramitica furono affidate ai suoi colleghi/rivali che la Bibbia conosce e nomina: in particolare Kamosh e Milkom (Giudici 11,24; 1 Re 11,7) che errano due suoi diretti avversari che si occupavano di altre famiglie, sempre discendenti da Abramo, Moabiti e Ammoniti.
Yahweh aveva costantemente timore che il suo popolo si rivolgesse ad altri Elohim (si possono vedere a questo proposito gli innumerevoli capitoli presenti in molti dei libri dell’Antico Testamento (Genesi 31, Esodo 15, Esodo 18, Esodo 20, Deuteronomio 6, Deuteronomio 7, Deute- ronomio 13, Deuteronomio 32, ecc.) e si presentava sempre come un Elohim (EL al singolare) “geloso” dei suoi avversari.
Ad ulteriore conferma di quanto detto, la Bibbia afferma chiaramente che il popolo poteva “scegliere” tra Yahweh e altri Elohim (Giosuè 24 e molti altri passi).
Il termine Yahweh, inoltre, compare nella Bibbia in un periodo storico in cui non esisteva ancora alcuna traccia scritta di quella che sarà poi la lingua ebraica, quindi non sappiamo in che lingua sia stato pronunciato in origine quel nome. Le consonanti che lo compongono (iod, he, vav, he) sono state messe per iscritto circa 3-4 secoli dopo essere state pronunciate e i suoni vocalici sono stati inseriti nei testi circa 1600-1700 anni dopo: quindi è pressoché impossibile attribuirgli un significato coerente e documentato. Inoltre quel nome è stato vocalizzato centinaia di volte anche come Yehowah dagli stessi redattori ebrei della Bibbia.
Questi sono solo alcuni degli aspetti che emergono da una traduzione letterale dell’Antico Testamento e da una lettura attenta: li abbiamo trattati in una sintesi estrema al solo scopo di evidenziare come le certezze dottrinarie che sono state tramandate non siano assolutamente tali.
Precisiamo infine che, quando diciamo che l’Antico Testamento non parla di Dio, non intendo affermare che Dio non esiste ma solo che quel libro non ne parla in quanto ci racconta della storia concreta del rapporto tra il popolo di Israele e il suo governatore: Yahweh, uno dei tanti Elohim.