Nel panorama delle religioni monoteiste, lo Shabbat è uno dei concetti centrali che distingue la tradizione ebraica dalle altre. Ma se il sabato è considerato un giorno sacro dagli ebrei, la domenica lo è per i cristiani, e il venerdì per i musulmani. Mi sono sempre chiesto: chi ha dato origine a tutto questo? Secondo la narrazione tradizionale, sarebbe stato Dio stesso – il Dio biblico – a istituire lo Shabbat come segno esclusivo dell’alleanza con il popolo di Israele.
Ma è davvero così? Ho approfondito gli studi sull’argomento, scoprendo radici dello Shabbat ben più antiche e diffuse di quanto ci sia stato insegnato.
Shabbat: fondamento della fede o strumento di dominio?
Parto da una definizione autorevole. Secondo il rabbino Isidor Grunfeld, lo Shabbat è “yesod ha-emunà”, ovvero il vero fondamento della fede ebraica. Una colonna portante della spiritualità ebraica, al punto che si dice: “Lo Shabbat ha conservato gli ebrei, perché gli ebrei hanno conservato lo Shabbat.”
Ma che cosa significa realmente osservare lo Shabbat? La Bibbia ne parla genericamente: “astenersi da ogni opera”. Ma cosa s’intende per “opera”? I testi non chiariscono completamente questo punto. Originariamente, le attività vietate erano legate alla costruzione del Tempio. Con il tempo, i rabbini hanno sistematizzato questo concetto in 39 categorie precise di divieti (melakhot), aggiungendo ulteriori restrizioni (ghezeroth) per evitare qualsiasi infrazione, anche involontaria.
Dietro questo impianto normativo c’è un’idea ben precisa: nel giorno di Shabbat, l’uomo deve sospendere ogni esercizio del suo potere sulla natura, ogni atto produttivo o trasformativo, per riconoscere simbolicamente che l’universo appartiene a Dio.

Le 39 melakhot e l’estensione dei divieti
Le melakhot non sono semplici “lavori”, ma attività creative e produttive, manifestazioni della capacità dell’uomo di trasformare il mondo. Alcuni esempi? Seminare, accendere un fuoco, costruire, scrivere, macinare, tingere, trasportare oggetti da uno spazio privato a uno pubblico. Le “ghezeroth” espandono questi divieti ulteriormente: lavarsi le mani sopra l’erba è vietato perché equivale a irrigare; cambiare l’acqua in un vaso di fiori potrebbe favorire la crescita vegetale. Anche portare un bambino fuori casa in carrozzina può violare lo Shabbat, a meno che non lo faccia un non ebreo. Tutto ciò per evitare ogni rischio di violazione.

Lo Shabbat è davvero un’esclusiva rivelata da Dio?
Approfondendo gli studi archeologici di fine Ottocento e inizio Novecento, ho scoperto che lo Shabbat esisteva già secoli prima nella cultura mesopotamica con il nome di “sabbatu”, un giorno dedicato al riposo totale. Era praticato dagli Accadi, Assiri e Babilonesi, suggerendo che Yahweh, identificato come uno degli Elohim, avrebbe adattato una pratica già esistente.
Queste usanze, secoli prima dell’epoca di Mosè, erano parte della cultura mesopotamica e la parola “sabbatu” appare essere l’antenata diretta dello Shabbat ebraico, condividendone spirito e funzione sociale.

E se lo Shabbat fosse stato ereditato dagli Elohim?
Secondo una lettura alternativa della Bibbia come testo storico, potrebbe trattarsi di una trasmissione culturale tra popoli e divinità. Yahweh, in quest’ottica, non sarebbe stato altro che uno degli Elohim, governanti locali descritti nei testi antichi. Ognuno aveva il suo popolo, il suo territorio e le sue regole. Lo Shabbat, pertanto, non sarebbe altro che una regola diffusa tra più Elohim, adattata al contesto israelita.

Il ruolo dello Shabbat nella conservazione dell’identità ebraica
Ciò non toglie nulla al valore storico e identitario che lo Shabbat ha avuto (e continua ad avere) per il popolo ebraico. È stato fondamentale per la coesione culturale e religiosa durante secoli di diaspora. Tuttavia, non dovrebbe essere considerato un’istituzione esclusiva e “divinamente rivelata”. È un prodotto culturale antico, ha viaggiato tra le civiltà e si è trasformato nel tempo, mantenendo comunque una funzione simbolica chiara: ricordare all’uomo che non è il padrone assoluto del mondo.
Conclusione
Attraverso l’analisi dei testi rabbinici e delle scoperte archeologiche, è evidente che lo Shabbat, ritenuto uno dei pilastri della rivelazione divina, sia in realtà parte di una tradizione antica e condivisa tra le civiltà mesopotamiche. Ciò invita a riflettere su quante delle “rivelazioni” religiose siano in realtà tradizioni reinterpretate e tramandate.
Lo Shabbat sembra esserne uno degli esempi più significativi.